Gli asparagi nell’arte e nella cultura

Gli asparagi nell'arte lombarda del XVI sec.

Da secoli il cibo è visto non solo come elemento nutrizionale, ma anche culturale e sociale. Basti pensare al ruolo ricoperto dal cibo tra gli antichi romani. Negli ultimi tempi però, si è acquisita una maggiore consapevolezza a riguardo. Si può affermare allora, che Bassano con il suo asparago bianco non faccia eccezione e che in generale anche l’asparago ricopre un importante ruolo culturale. Non di rado gli asparagi nell’arte diventano protagonisti protagonisti, ribadendo questo loro doppio ruolo.

Asparagi nell’arte: la pittura

La pittura è la forma artistica più facilmente associabile (per il legame tra vista e gusto) alla cucina e, sebbene la massima gloria pittorica bassanese, Jacopo Dal Ponte, non sembra averci lasciato tracce di asparagi nei propri dipinti (ma continueremo la ricerca), li possiamo trovare ritratti nelle stampe dei Remondini e nelle ceramiche Antonibon. Guardando al Veneto poi, almeno un grande pittore, Giovanni Battista Piazzetta, sappiamo aver ritratto gli asparagi, tra l’altro in modo piuttosto inusuale. Il pittore veneziano infatti, ha immaginato per una sua Cena di Emmaus (1715 ca., The Cleveland Museum of Art), che il piatto principale fosse stato a base del delizioso asparago bianco. Forse il Piazzetta amava particolarmente gli asparagi nel classico abbinamento asparagi e uova, conditi con sale, pepe e olio, ma di certo all’epoca questo alimento ricopriva un ruolo importante.

Il significato degli asparagi nella pittura lombarda del XVIII sec.

Uscendo giusto un poco dai confini regionali incontriamo il dipinto Ragazzo con fascio di asparagi, attribuito a Giacomo Francesco detto Todeschini (1710 ca., Montichiari, Museo Lechi). Esso mostra un giovane sorridente (immagine in basso a destra), con indumenti poveri, colto mentre indica un mazzo di grandi asparagi coltivati. Oltre alla qualità dell’opera in sé, qui ci interessa ricordare che il Todeschini caricava le proprie nature morte di specifici messaggi simbolici.

Nel XVIII sec. la tipologia di asparago consumata dal popolo era quella selvatica. Questo ragazzo di chiare umili origini però, ci mostra una varietà riservata alle classi più ambiente e vuole forse rimarcare proprio questo aspetto. Oppure, più semplicemente, trattandosi appunto di un alimento pregiato e legato alla primavera, vuole farci un augurio di abbondanza, senza che ciò chiuda le possibilità di altre interpretazioni.

Gli asparagi nell’arte francese

Con il terzo esempio varchiamo i confini nazionali e giungiamo in Francia. Qui un altro celebre pittore ha dato all’asparago una sorprendente rilevanza in due suoi dipinti. Parliamo di Edouard Manet, che alla richiesta del direttore del Gazette des Beau Arts, nonché collezionista, Charles Ephrussi, di dipingergli una natura morta, scelse come soggetto proprio un Mazzo di asparagi (1880). Non sappiamo il motivo reale, ma di certo è una prova ulteriore del ruolo svolto dagli asparagi a livello culturale.

Ad ogni modo Ephrussi fu talmente entusiasta dell’opera, da pagarla 1000 franchi anziché 800 come richiesto da Manet. Quest’ultimo allora, rispondendo in un biglietto che «ne mancava uno al vostro mazzo», in segno di riconoscenza gli donò un secondo dipinto, raffigurante un unico asparago adagiato sul medesimo tavolo del primo dipinto.

Gli “sparazi de Basan” e l’età moderna

Volendo volgere lo sguardo al nostro territorio, le prime fonti attestate sull’asparago di Bassano sono del 1500. Sebbene una leggenda parli di come Sant’Antonio da Padova (1195 – 1231) avrebbe sparso le sementi del prelibato ortaggio proveniente dal continente africano tra Rosà e Bassano, riuscendo con la sua bontà persino a far riconciliazione Ezzellino II da Romano detto “Il Monaco” con Padova, il primo documento è del 1534. Quest’ultimo riguarda l’ispezione a Bassano di un certo Ettore Loredan. Inviato come ispettore dalla Serenissima, il Loredan venne preso per la gola dai locali, che tra le prelibatezze gli offrirono proprio i “sparasi mazi”.

Nei secoli avvenire molte altre figure soggiornarono a Bassano e poterono gustarne gli asparagi bianchi, che un po’ per il fiume Brenta, e la posizione protetta dalle montagne, rimangono unici per gusto e caratteristiche.

Riprendendo brevemente il dipinto di Manet, va ricordato che anche i nostri cugini francesi iniziarono nel XVI a coltivare l’asparago, amatissimo da Luigi XIV. Il Re Sole fece persino erigere «a Versailles un obelisco in onore del giardiniere che riuscì a coltivarli tutto l’anno». Senza dimenticare che pure Napoleone III si dice ne fosse ghiotto, ritenendoli indispensabili nelle “cene intime”, tanto da rinviare le stesse nel caso non fossero disponibili.

Esempio di raffigurazione degli asparagi bianchi nella pittura lombarda del 1700
Natura morta con mazzo di asparagi bianchi di Coorte

Adriaen Coorte, Mazzo di asparagi, 1697.

Etimologia del termine asparago e curiosità storiche

L’asparago è conosciuto fin dall’antichità e la sua origine, come accennato, sarebbe da ricercare in Mesopotamia. Secondo alcuni egittologi ricordiamo poi, che l’asparago (asparagus officinalis) sarebbe stato coltivato per primo dagli antichi egiziani. La questione sul disegno rinvenuto nella piramide n. 17 di Saqqarah (V dinastia 3566 – 3333 a.C.) rimane però aperta, come quella sull’origine stessa del nome: greca (asparagòs) o indiana?

Di certo furono per primi i romani a dare all’asparago grande notorietà, grazie ad autori come Marco Porcio Catone (234 – 149 a.C.), Lucio Giunio Moderato Columella (4 – 70 d.C.) e Marco Gavio Apicio (25 a.C. – 37 d. C.). Il primo rimarrà per secoli guida imprescindibile nella coltivazione dell’ortaggio, con il suo Liber de agri coltura (attorno al 160 a.C ). Columella poi, nel De re rustica approfondirà ulteriormente la materia offrendo consigli specifici. Apicio, infine, fu il più noto gastronomo dei suoi tempi e ci ha lasciato due ricette di torte a base di asparagi.

Infine, una curiosità sulla locuzione “De gustibus non disputandum est”. Secondo Plutarco fu Giulio Cesare a coniarla davanti ai propri ufficiali, durante una cena in casa del notabile Valerio Leone. Quest’ultimo tra le pietanze servì degli asparagi appena colti e cotti velocemente e conditi con burro fuso. Ai generali pare non piacque molto la pietanza, essendo avvezzi all’olio e ritenendo il burro cosa da barbari. Giulio Cesare però, per uscire dalla “delicata” questione rimise tutti d’accordo con la celebre frase rimasta ancora oggi di uso comune.

Gli asparagi nell’arte e nella cultura hanno rappresentato un elemento importante. Chissà quante altre storie nasceranno da un semplice mazzo di asparagi!

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